Ferrara: un pensiero alla volta
Vi avevo lasciati diversi mesi fa tra le Galapagos e Parma. Il nuovo anno, poi, è iniziato con un weekend a casa di un’amica che mi ha aperto le porte di casa sua a Ferrara. Ci sono città che si impongono, che catturano l’attenzione con monumenti maestosi, skyline vertiginosi e folle che si muovono come onde. E poi c’è Ferrara appunto, che non ha bisogno di gridare per farsi notare. Ti conquista a poco a poco, senza fretta, con i suoi ritmi lenti, l’eleganza discreta.
Rotonda Antonio Foschini
Incastonata nel cuore del Teatro Comunale, questa piazzetta ovale un tempo era il passaggio per le carrozze, mentre oggi è uno spazio raccolto, dove l’architettura crea un gioco di prospettive unico. Se ci si ferma al centro e si guarda verso l’alto, il cielo appare incorniciato dai fuochi dell’ellissi, come un quadro perfetto. È un luogo con un’aria quasi cinematografica, soprattutto di sera, con le luci soffuse che disegnano ombre sulle pareti.
Me ne sto col naso all’insù per un po’ e guardo il cielo che si muove e penso ai pianeti, alle loro orbite che seguono intorno al sole ellittiche come la forma di questa piazza. E comincio a pensare a cose assurde: all’ellissi dal punto di vista linguistico, il non detto, il sottinteso, ciò che esiste ma non viene esplicitato, dell’assenza che definisce la presenza, il silenzio tra le parole, il momento di sospensione che permette alla mente di cogliere significati più ampi.
La Certosa di Ferrara: cercando significati più ampi.
E a significati più ampi, di momenti di passaggio verso una comprensione più profonda mi porta a pensare la Certosa di Ferrara. Un cimitero monumentale che non è solo un luogo di riposo, ma un museo a cielo aperto, un angolo di città dove la storia si stratifica tra portici eleganti, sculture silenziose e lapidi che raccontano vite intere.
Passeggiare tra i suoi viali è un’esperienza che va oltre la semplice visita. Qui, il rumore della città si dissolve e resta solo il suono dei passi sul selciato. Le ombre dei cipressi si allungano sulle pietre, mentre le iscrizioni scolpite parlano di epoche lontane, di personaggi che hanno lasciato il loro segno nella storia di Ferrara.
La chiesa di San Cristoforo alla Certosa, con la sua facciata sobria e il suo interno raccolto, è il cuore spirituale di questo luogo. E poi ci sono le cappelle gentilizie, piccoli capolavori di architettura funeraria, che raccontano il gusto e la sensibilità di un’epoca.
Ma la Certosa non è un luogo triste, è un luogo di memoria. È uno spazio dove la bellezza si mescola al ricordo, dove ogni angolo invita alla riflessione. Se ci si ferma un attimo, si può quasi percepire il respiro della città che continua a vivere, appena oltre le mura.
Ferrara a ruota libera
E di qua e di là dalle mura, Ferrara è la città delle biciclette. Qui non sono solo un mezzo di trasporto, sono un’identità, un modo di vivere. Le persone pedalano senza fretta, con naturalezza, come se fosse l’unica maniera sensata di muoversi. Succede anche in altre città italiane, Bologna in primis, ma anche Torino a suo modo. Attraversare le mura rinascimentali su due ruote è un piacere che non ha bisogno di spiegazioni.
Come nelle migliori storie comiche dei miei viaggi, succede però un guaio mentre giriamo per la città in bicicletta. Di botto, la mia ruota posteriore smette di funzionare, quindi trasciniamo il mio bolide verso casa della mia amica per qualche chilometro. Ridiamo, perché non è che la vita sia sempre perfetta. A volte la vita si sgonfia!
Via delle Volte
Ci sono strade che invitano a rallentare. Via delle Volte è una di queste.
È un percorso medievale, un insieme di archi e passaggi sospesi, ma – prima che la mia bicicletta si fermi – ci passiamo velocissime e questa via mi ricorda un po’ una macchina del tempo senza tecnologia, senza intelligenza artificiale. Qui ogni pietra ha visto qualcosa, ogni angolo racconta frammenti di vita, commerci, segreti nascosti tra le mura.
Ci ripassiamo di sera e, con le luci basse, me li immagino tutti questi personaggi che passano da qui nel corso della storia, in una dimensione un po’ sospesa.
Un abbraccio a tavola
Per me viaggiare significa anche entrare in contatto con i profumi e i sapori del cibo che viene preparato da chi abita le mie destinazioni. E Ferrara ha un modo tutto suo di farti sentire a casa. I suoi sapori sono diretti, autentici.
I cappellacci di zucca sembrano quasi un gesto di gentilezza, soprattutto quelli della Trattoria il Cucco. Li assaggio qui la prima sera che passo in città. I proprietari senza fretta chiacchierano un po’ con noi perché non ci sono molte persone a quell’ora e fuori piove e fa freddo. Ma al Cucco ti abbraccia il calore tipico dell’Emilia: un’apertura senza sovrastrutture (anche a Parma avevo avuto questa sensazione). In questa parte d’Italia si è aperti, senza bisogno di spiegare perché. Comunque sia, i cappellacci sono rassicuranti. Il sapore della zucca violina, usata per il ripieno, e il ragù di carne, creano un equilibrio perfetto tra dolcezza e intensità.
Ma il cibo più buono, per me, sono stai i cappelletti che la mia amica prepara per me in brodo per il pranzo dell’ultimo giorno che passiamo insieme. Cucinare per qualcuno è un vero gesto di cura. Me la immagino che sceglie gli ingredienti migliori prima del mio arrivo, tira la pasta a mano. Cucinare è un abbraccio a tavola. Cucinare per qualcuno (oltre che per sé) è un segno di condivisione, è come dire “guarda, noi qui abbiamo questi ingredienti, conditi dal nostro vento, addolciti dalle nostre parole che rotolano sul nostro accento. Vieni, siediti a tavola con noi”.
Gherardi: il villaggio del cinema
A mezzora d’auto da Ferrara, c’è Gherardi. Nato per rigenerare la piccola frazione di Jolanda di Savoia, questo progetto unisce street art e cineturismo. Qui, le pareti raccontano storie attraverso murales ispirati ai grandi film italiani e non, mentre le strade diventano scenografie a cielo aperto.
Da lontano, mi immagino che arrivi un circo itinerante, e che qualcuno stia allestendo il palcoscenico per una sagra di paese. Penso a Fellini, la vita come un grande spettacolo. Ma penso a Visconti e Antonioni e Rossellini, al Neorealismo che nasce proprio qui, nel cuore della Pianura Padana, dove un tempo regnavano paludi e acquitrini e generazioni di spondini e scarriolanti hanno modellato queste terre con sudore e fatica, dando vita alla più grande bonifica d’Europa, iniziata nel 1872 e mai davvero conclusa.
Il paesaggio, trasformato dalla mano dell’uomo, conserva le ultime tracce di quell’epoca attraverso un intreccio di stili architettonici che raccontano la stratificazione della storia nei primi settantanni del Novecento. Ancora oggi, le vecchie case coloniche e gli edifici legati alla bonifica resistono, silenziosi testimoni di un tempo mitico in cui l’uomo ha riscritto la geografia di un’intera regione.
Vanessa che bello ritrovarti!! Che bello leggerti!! Mi è sembrato di fare un giro a Ferrara e di rivedere i vostri sorrisi!!
Grazie mille per i commenti e per aver di nuovo viaggiato con me!
Grazie per questa lettura.
Grazie per avermi letto e viaggiato con me, Franco!