Groenlandia

Kalaallit Nunaat ● Parte 1

Kalaallit Nunaat. La Groenlandia.
Di solito all’inizio, quando lo racconto che io lì ci sono stata, da sola, per 3 settimane, non ci crede quasi nessuno. “Sì, va beh, ma ci sei andata con un tour organizzato,no?”. Quando, a fine settembre 2006 sono partita per Kulusuk, e poi per Tasiilaq, ho dovuto spiegare, a molti, che andavo proprio lassù, a circa 200km dal Circolo Polare Artico. E che no, i pinguini non li avrei visti, dato che sono solo al Polo Sud, magari quelli un’altra volta eh? E che no, non avrei dormito dentro un iglu, magari. Avrei dormito, purtroppo, dentro una casa inuit, la casa della famiglia di Georg che mi avrebbe ospitata per circa 3 settimane. Ma partiamo dall’inizio: come ci arrivo,io, lassu?

Lassù, ci sono arrivata firmando un contratto che diceva che, in caso di morte, la colpa era tutta mia: questo, in breve, diceva la documentazione della cooperativa di geologi gallesi che, tramite ricerche a dir poco impervie, ero riuscita a trovare su questo mezzo bellissimo che è Internet, e che si era impegnata a fornirmi i dettagli, tramite una piccola causale, della famiglia che loro utizzavano come base nelle loro varie spedizioni nell’Artico. Non ho mai capito se, quest’opzione l’hanno provata solo con me, o cosa. So solo che grazie a Nick Russill e al suo gruppo di geologi, al Polo io ci sono andata. A Kulusuk, ci sono volata, da Reykjavik e all’aereoporto, grande come il vostro salotto, i documenti di ingresso venivano compilati a mano. Non mi è servito un visto per entrare, dato che la Groenlandia è una regione autonoma del Regno di Danimarca. Sul passaporto, però, mi hanno fatto un timbro, con un orso ed una scritta che dice qualcosa tipo “benvenuti a Kulusuk”. Non si sa mai che qualcuno, poi, non mi creda.

Fuori ad aspettarmi c’era Georg-dal-cognome-impronunciabile. Pasciuto, sorridente anche nelle situazioni meno divertenti.A conoscenza di sole 3 domande essenziali in inglese: da un civile “Are you hungry?” poteva passare ad un preoccupato “Are you scared?” ad un più educato “Are you ok?”. Queste, in fondo sono le basi dell’interazione sociale, se uno ci pensa bene. L’altra parola che Georg conosceva molto bene era “broken”. “Broken” come il vetro anteriore della sua jeep.”Broken” come la barca, in mezzo ad iceberg alti come grattacieli. Ma questo già appartiene alla seconda parte sulla Groenlandia. Ve lo racconto un’altra volta, ok?

Di seguito il sito di fotografia di Nick Russill: le foto sono davvero molto, ma molto più belle delle mie: Nick Russill web site

 Kalaallit Nunaat ● Parte 2 

Una risposta a “Kalaallit Nunaat ● Parte 1”

  1. E’ come leggere il diario trovato in un cassetto, e ti chiedi da quanto tempo sia lí,chi l’abbia scritto…Sai solo che le pagine consumano la tua attenzione,una dopo l’altra.
    Meraviglioso lavoro, un fantastico flusso di coscienza che cattura e ti trascina in luoghi remoti che,a volte,immagini completamente disabitati e dimenticati anche da Dio.

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