Italia

Il Caffè dei Fornelli ● Volterra

Sono, a tratti, una persona superficiale.
A volte, infatti, mi limito alle apparenze. Ad esempio, guardo da anni Micheal Fassbender e reputo che lui sia davvero l’uomo perfetto per me solo perchè esteticamente è perfetto. Poi, a tratti, succedono dei miracoli che mi ricordano di fare quel salto. Andare oltre. Vedere oltre. Aprire quella porta. Viaggiando, la vita si spacca in infinite possibilità di meraviglia che ti ricordano quanto sia splendido, essere qui, essere vivi. A Volterra ho accomodato giù dalle Mura la parte superficiale di me stessa, e in dolce compagnia di Miss Ombrina, il “Caffè dei Fornelli” m’ha trovata.

Non è che sia stato amore a prima vista, no. Da fuori, sembra un niente. C’è una veranda. Qualche sedia. Una porta. Qualcuno fuma, rilassato. A pensarci bene, la vita ogni tanto, però, ti passa dei bigliettini invisibili, hai presente, come quando sei a scuola, e un amico ti porge un aiuto in un compito di greco che non riesci a tradurre. Ti spinge e ti invoglia, “Dai, ma non ti rendi conto, magari qui sta per succedere qualcosa di magico. Guarda bene”. Nessun professore accigliato intercetta il bigliettino, e alla Piazzetta dei Fornelli ci arrivo il Primo Giorno di un anno nuovo. C’è la Toscana, lì sotto, allungata e immensa, che rende gli italiani orgogliosi d’esser italiani. Molle, ma fiera. Le colline intorno l’abbracciano, Volterra, e portano alla mente un’immagine fuori dal tempo: io che apro un rubinetto e creo, con le mani, forme allungate con l’acqua che scorre.

“Te l’avevo detto che stava per succedere”, mi dice la Vita. Come nelle migliori esperienze fotografiche, il sole sta calando, e abbandona i cipressi, i casali, quelle quattro vecchiette sulla panca lì a destra. “Buon anno signore mie”. Una parola appoggiata con delicatezza in braccio a delle sconosciute. Perchè ci hanno fatto crescere con l’idea che il mondo debba per forza far male? Speranza, ecco il mio buon proposito per l’Anno che è già qui.
Facciamo, allora, quel salto.
Dentro, una stanza, qualche tavolo. “Sei capace a giocare?”, mi chiede Ombrina, indicando i set da dama e scacchi appoggiati dietro di noi. “Non più” mi verrebbe da rispondere, smettiamo di giocare troppo presto, penso. Ci guardiamo intorno, e so che in quel momento pensiamo la stessa cosa: non siamo più in questo tempo, in questo attimo. Allunghiamo le mani, e prendiamo a caso un paio di giornali dagli scaffali delle librerie che ci abbracciano.

Sono edizioni del Corriere della Sera e di altre testate italiane dagli anni Cinquanta. in poi. Si parla del Festival di Sanremo, di Tony Dallara, di Mina, di Piero Focaccia. Oltre ai giornali, ci sono anche dei libri, ma alcuni non sono proprio libri, sono sussidiari! Le lettere in corsivo. Come si uniscono la “b” e la “r”. Il verbo avere senza la lettera “H”. Le cornicette. Robe che quando le devi imparare ti sembra di dover spostare una montagna, da piccolo, no? ma che ora ti ammorbidiscono il cuore perchè sono lontane, e andate per sempre.

“Voi state buone lì. Io sono il vostro Maometto e vengo alla montagna”, ci dice Carlo Bigazzi, il proprietario del locale magico, mentre s’avvicina al nostro tavolo. E poi la magia del vino buono, quello rosso, quello che è ovvio che non hai mai sentito nominare perchè i segreti speciali restano al sicuro. Mi prometto sempre di scrivermi i nomi, di vini incredibili come questo. Poi, immancabilmente, perdo tutti quei foglietti, come i ricordi che scivolano via. Poi la magia delle fotografie, e delle vecchie cartoline postali, incastrate sotto il vetro dei tavolini. Guardare, avidi, queste parole in corsivo di un’età che non è più qui è come aggirare un mondo che scompare dietro gli I-Phone, Facebook, dietro i blog come questi.
Dalì lo ritraeva fluido, l’orologio. Einstein diceva che un ultracentenario sarebbe felicissimo d’aver rotto uno specchio perchè ciò significherebbe aver ancora tempo, ancora sette anni di disgrazie. Virgilio giudicava il tempo irrecuperabile. A me, però, facendo quel salto oltre la mia superficialità, è sembrato che Carlo, il tempo, l’abbia inchiodato. Almeno per un po’, qui, al “Caffè dei Fornelli”.

Vi lascio il sito web dove potete fare due passi nel tempo: http://www.caffedeifornelli.it/

 Ode alle Langhe ● Con occhi puri, celebro… 

3 risposte a “Il Caffè dei Fornelli ● Volterra”

  1. Grazie, grazie, grazie…..
    mi ha fatto molto piacere leggere che hai colto nel pieno, quello che con il mio lavoro, cerco di trasmettere…..
    un augurio di buon anno e ti aspetto ancora
    Carlo

  2. Ci sono luoghi magici in cui riusciamo a ritrovare per brevi istanti la vita nella sua semplicità ed ad assaporarla..sei grande Vane

  3. Pure Poëtry! Reading this makes you want to go there…if you’re brave enough to see with your heart instead of your eyes, you will most probably find the magic of that place within yourself.

    Love,
    Anna

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